Disperate le condizioni di due degli operai ustionati. La Procura: scarsa formazione del personale
Il titolare è indagato per lesioni colpose. "Sono distrutto, vorrei essere io in ospedale al loro posto"
di GABRIELE CEREDA Dispositivi di sicurezza ridotti all’osso per aumentare i margini di guadagno. È così che si lavorava dietro ai cancelli della Eureco di Paderno Dugnano, dove giovedì le fiamme sprigionate da una bombola di acetilene hanno investito sei operai. Per due di loro, Salvatore Catalano, 55 anni, e Sergio Scapolan, 63 anni, ricoverati a Niguarda il primo e a Genova il secondo, la situazione si fa più critica con il passare delle ore.Il reportage dei vigili del fuoco L'incendio I soccorsi dopo l'esplosione
Dopo i primi sopralluoghi gli inquirenti hanno cominciato a mettere nero su bianco nel fascicolo di indagine le gravi carenze nella dotazione dei sistemi di sicurezza. In particolare sotto la lente di ingrandimento è finito il sistema di appalti utilizzato dall’azienda di proprietà di Giovanni Merlino. Nell’impianto di via Mazzini 101, la divisione dei rifiuti pericolosi è affidata alla Tnl, cooperativa di Milano gestita da Adrian Zekiri, zio del ferito albanese che si trova al Niguarda. Per questo gli uomini del capitano Cataldo Pantaleo stanno acquisendo anche la documentazione della cooperativa per capire come fossero regolati i rapporti tra le due società. «È gente sfruttata che lavora per poco. Disinformata sulle norme antinfortunistica, non è in grado di leggere correttamente i cartelli di pericolo», si lascia sfuggire un medico dell’Asl. Inoltre la dotazione per il primo soccorso sarebbe stata ridotta al minimo per risparmiare sui costi, nonostante l’attività fosse lo stoccaggio di rifiuti pericolosi.
Il sostituto procuratore monzese Manuela Massenz ha nominato un perito per chiarire la dinamica dell’incidente. A occuparsi della vicenda è stato chiamato l’ingegnere Massimo Barbazza, considerato un’autorità del settore. In passato l’esperto si è occupato della strage di Linate del 2001, in cui morirono 118 persone, e di quella di Viareggio del 29 giugno dello scorso anno, dove le vittime furono 31.
Al momento, per gli investigatori rimangono in piedi due ipotesi. Lo scoppio della bombola di acetilene — considerato tra gli idrocarburi più instabili in circolazione — potrebbe essere stato innescato da un piccolo incendio divampato nel capannone dove si stava usando la fiamma ossidrica per tagliare del metallo. Oppure l’esplosione potrebbe aver avuto origine in modo del tutto inaspettato a causa di un brusco movimento della bombola stessa che potrebbe risalire anche a 48 ore prima dello scoppio.
Oltre a non essere ancora stata trovata l’autorizzazione per l’uso di quel pericoloso gas, da ieri si è aggiunto un nuovo particolare alla sequenza che ha scatenato l’inferno. Dopo la deflagrazione dell’acetilene, il fuoco ha colpito prima una bombola di gpl e poi una decina di bidoni contenenti vernice. Una reazione a catena micidiale cresciuta in modo esponenziale ad ogni passaggio che alla fine non ha lasciato scampo ai sei operai impegnati nelle vicinanze.
Come atto dovuto, la magistratura di Monza ha iscritto nel registro degli indagati il proprietario dell’Eureco, Giovanni Merlino. «Sono distrutto — dice l’imprenditore — In quei letti di ospedale ci vorrei essere io al loro posto». La prossima settimana cominceranno gli interrogatori di garanzia. Il primo della lista è Merlino, difeso dall’avvocato Giuseppe Fiorella. L’azienda per ora rimane sotto sequestro. Sono state invece riaperte dopo tre giorni le condutture fognarie di Nova Milanese bloccate a poche ore di distanza dall’incendio, per evitare che le acque usate per spegnere il rogo finissero nel depuratore di Monza mandandolo in tilt.
(07 novembre 2010)
Repubblicaweb
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