mercoledì 3 novembre 2010

Appalti pilotati, 48 arresti del Ros tra politici ed esponenti di Cosa nostra


I provvedimenti della procura di Catania che ha ricostruito una rete di collusioni tra la criminalità organizzata e imprenditori e amministratori catanesi. Tra gli arrestati Fagone, Sangiorgi e Ramacca. Indagato il governatore Lombardo. Il procuratore: "Non era un'indagine mirata ai politici"
 

Gli imprenditori avevano rapporti saldi con Cosa nostra. E la politica aveva una "collusione perversa" con i boss. Questo il quadro emerso dall'inchiesta denominata Iblis condotta dalla procura di Catania che ha portato all'arresto di 48 persone e al sequestro di beni per 400 milioni di euro. I magistrati sottolineano il comportamento di alcuni imprenditori "non più vittime ma compiacenti, strumento per la operatività della mafia nel mondo degli affari".

I carabinieri del Ros di Catania hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip Luigi Barone per associazione mafiosa, omicidio, estorsioni e rapine. Tra i beni colpiti dal provvedimento di sequestro figurano, fra l'altro, 105 imprese, numerosi immobili, auto e motoveicoli, e attrezzature industriali. Obiettivo dell'indagine è stata "l'individuazione delle infiltrazioni mafiose verso il mondo dell'imprenditoria e della politica".

Secondo la procura etnea, ad esempio, il deputato regionale dei Popolari per l'Italia domani (Pid) Fausto Fagone ex sindaco del comune di Palagonia, arrestato oggi, avrebbe "intrattenuto strettissimi rapporti con Rosario Di Dio scarcerato nel 2003 dopo una detenzione per mafia". Il Pid è il partito costituito dai fuorusciti dall'Udc che puntano al dialogo con Berlusconi. I magistrati sostengono che "Di Dio ha curato la campagna elettorale di Fagone e si è attivamente adoperato nella individuazione delle più opportune alleanze, curando anche i rapporti tra il politico e gli imprenditori per consentirgli all'epoca della sua sindacatura di ottenere una rendita costante nel tempo". Incontri tra Fagone e Di Dio sono documentati anche in un video girato dagli investigatori in un distributore di carburante.

L'operazione non ha riguardato solo la Sicilia ma anche Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Le indagini hanno ricostruito le recenti dinamiche di Cosa nostra etnea, documentandone gli interessi criminali e le infiltrazioni negli appalti pubblici, mediante una capillare rete collusiva nella pubblica amministrazione. L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore capo Vincenzo D'Agata, e dai magistrati della Dda Giuseppe Gennaro, Agata Santonocito, Antonino Fanara e Iole Boscarino.

Tra gli arrestati, oltre Fagone, ci sono anche il consigliere della Provincia di Catania dell'Udc, Antonino Sangiorgi, l'assessore del Comune di Palagonia, Giuseppe Tomasello, e l'imprenditore e assessore al Comune di Ramacca, Francesco Ilardi. Il gip Luigi Barone ha rigettato la richiesta di arresto avanzata dalla Procura nei confronti del deputato regionale ex Pdl Sicilia e adesso Gruppo misto Giovanni Cristaudo.

Indagato anche il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, che è estraneo al blitz, perché nei suoi confronti la Procura non ha richiesto alcun provvedimento. A rendere nota l'esistenza del fascicolo fu un'indiscrezione del quotidiano Repubblica, il 29 marzo scorso, che fece scattare un'inchiesta sulla fuga di notizie. La Procura smentì invece l'altra anticipazione, che il 12 maggio scrisse che era stato chiesto l'arresto del governatore. Lombardo, che il 10 aprile ha reso spontanee dichiarazioni in Procura, ha querelato per diffamazione.

Il governatore sulla vicenda è intervenuto il 13 aprile in un'infuocata riunione dell'Assemblea regionale siciliana sostenendo di essere vittima di "uno stillicidio di insulti ispirato da un tavolo trasversale ai partiti per far cadere il Governo e la legislatura con mezzi politici, o mediatico-giudiziari o anche fisicamente". Secondo Lombardo, la "campagna contro" sarebbe partita per la "riforma della Sanità e per avere bloccato appalti per i rifiuti in cui aveva interesse la mafia".

Le indagini dei carabinieri del Ros di Catania, che poi si sono intrecciate con dichiarazioni su politici e amministratori, avevano al centro della loro attività il boss Vincenzo Aiello della cosca Santapaola. Nell'inchiesta si innestano anche le dichiarazioni di almeno due pentiti: il 'colletto bianco' Eugenio Sturiale e il sicario Maurizio Avola, esponente del clan Santapaola che si è autoaccusato di oltre 50 omicidi.

"Non è stata una indagine mirata esclusivamente o prevalentemente alla politica o verso qualche politico in particolare". Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Catania Vincenzo D'Agata, precisando che "ogni riferimento riguardante il presidente Lombardo e risultante dalle indagini è stato oggetto di attenta valutazione, specie con riguardo alla sua valenza sul piano probatorio ed alla sua capacità di resistenza alle critiche difensive, non ritenendone, allo stato, la idoneità per adottare alcuna iniziativa processuale nei suoi confronti".            

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